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Ahmad Manasra, un palestinese arrestato all’età di 13 anni, è tornato in libertà dopo nove anni e mezzo di carcere.
Arrestato nell’ottobre 2015 in relazione a un accoltellamento avvenuto a Gerusalemme Est occupata, nonostante la sua giovane età era stato interrogato senza l’assistenza di un legale e dei familiari.
Nel 2016 era stato condannato a 12 anni di carcere per tentato omicidio, nonostante prove che non vi avesse preso parte. Successivamente la pena era stata ridotta a nove anni e mezzo.
Ahmad Manasra ha trascorso due anni in isolamento, dal 2021 al 2023, durante i quali le sue condizioni di salute mentale si sono via via deteriorate. Gli sono state diagnosticate la schizofrenia e una grave forma di depressione. Ciò nonostante, la richiesta di scarcerazione anticipata per motivi di salute, presentata nel 2022, è stata respinta dalle autorità israeliane, che hanno applicato nei suoi confronti la Legge antiterrorismo.
“La scarcerazione di Ahmad Manasra dà profondo sollievo a lui e alla famiglia ma non può cancellare anni di ingiustizia, violenza, traumi e maltrattamenti”, ha dichiarato Heba Morayef, direttrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord.
“Speriamo dal profondo del cuore che Ahmad Manasra riesca a riprendersi. Ora deve poter ricevere tutte le cure mediche necessarie nel luogo in cui è nato, Gerusalemme Est, senza subire discriminazioni. I suoi familiari devono essere protetti da intimidazioni e violenze”, ha aggiunto Morayef.
دخل طفلا وخرج شابا.. الأسير أحمد مناصرة حرا بعد ١٠ سنوات من الاعتقال في سجون الاحتلال pic.twitter.com/SVqZNMCVJ2
— وائل الدحدوح Wael Al dahdouh (@WaelDahdouh) April 10, 2025
Amnesty International, che sin dalla condanna aveva avviato una campagna per la scarcerazione di Ahmad Manasra, considera questo un caso esemplare delle sistematiche violazioni dei diritti umani subite dalle persone minorenni palestinesi all’interno del sistema carcerario militare israeliano.
Tre mesi fa un detenuto palestinese di 17 anni, Walid Khalid Abdullah Ahmad, era morto in carcere per denutrizione, diniego di cure mediche e violenze, come emerso dall’autopsia.