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Durante la sessione della VI Commissione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite che ha esaminato il tema dei crimini contro l’umanità, Amnesty International ha sollecitato gli stati membri a promuovere una risoluzione per avviare con urgenza negoziati formali su una Convenzione per la prevenzione e la punizione dei crimini contro l’umanità. A differenza di altri crimini di diritto internazionale, attualmente non esiste una convenzione specifica e autonoma per i crimini contro l’umanità. In questo contesto, il nuovo trattato migliorerebbe gli standard internazionali riguardanti la giustizia di genere, riconoscendo crimini che hanno ricevuto finora poca attenzione internazionale, tra i quali l’apartheid di genere.
L’apartheid di genere, come quella razziale, si basa su un sistema istituzionalizzato di dominazione e oppressione, che relega una parte della popolazione (in questo caso le donne) a una condizione di inferiorità e privazione dei diritti fondamentali. Al centro della campagna legata al riconoscimento dell’apartheid di genere come crimine all’interno del diritto internazionale c’è l’Iran, dove femministe ed esperte sostengono che la discriminazione e l’oppressione istituzionalizzate delle donne nella Repubblica islamica dell’Iran costituisce o potrebbe costituire apartheid di genere.
Le autorità iraniane hanno recentemente intensificato i loro metodi oppressivi di controllo e di punizione nei confronti delle donne e delle ragazze, per reprimere la sfida alle degradanti e discriminatorie leggi sul velo obbligatorio. Le autorità si sono spinte fino alla proposta di una legge a sostegno della cultura della castità e dell’hijab, che ha lo scopo di rafforzare ulteriormente la discriminazione nei confronti di donne e ragazze, che priverà quelle che scelgono di non indossare il velo dei loro diritti, compresi quelli sociali ed economici, e metterà coloro che sostengono il diritto delle donne a scegliere come vestirsi a rischio di lunghe pene detentive e altre dure sanzioni.
La coercizione da parte dello stato per garantire il rispetto di specifiche forme di abbigliamento, basate su interpretazioni della religione, della cultura o della tradizione, viola i diritti delle donne alla libertà di espressione, alla libertà di religione o di credo e al diritto alla privacy. Le donne iraniane dovrebbero essere libere di decidere se indossare o meno determinati simboli e abiti sulla base di opinioni, credenze o per qualsiasi altra ragione.
A cura di Tina Marinari, ufficio campagne per il numero 1 del trimestrale I Amnesty.