Aggiornamento maggio 2021: Claire Yinguinza ora vive non lontano dall’aeroporto di Bangui, la capitale, con i suoi figli e nipoti. Non ha lavoro e fatica a sbarcare il lunario. È davvero difficile pagare le tasse scolastiche e i mobili dei nipotini. Anche sua figlia, Nadia – che è stata violentata ed è rimasta incinta- è disoccupata. Sia Nadia che sua figlia (la nipote di Claire) sono sieropositive e ottengono gratuitamente un trattamento per l’HIV. Tuttavia, non hanno altro sostegno da parte delle autorità. L’indagine sul loro stupro è stata statica; gli autori rimangono non identificati.
Quando Claire ha aperto gli occhi, gli uomini erano andati via. Il suo corpo era dolorante. Un gruppo di uomini aveva abusato di lei.
Anche sua figlia, Nadia, era stata violentata. Aveva solo diciannove anni.
Alcuni membri del gruppo armato anti-balaka avevano fatto irruzione nella loro casa, abusato di loro, distrutto e rubato quello che potevano.
Dopo un mese dall’attacco, Nadia si scoprì incinta e sieropositiva.
Claire non ha contratto la malattia come sua figlia, ma la sua vita è stata distrutta in così tanti modi che non cambia niente l’aver contratto l’AIDS o meno.
Quello che cerca oggi, a distanza di anni da quel giorno di dicembre del 2013 è giustizia. Vuole che i colpevoli siano portati di fronte a un tribunale e rispondano delle accuse di stupro, di violenza, di furto. Paghino per quello che hanno fatto a sua figlia, ai suoi nipoti, a lei.
Claire non è sola in questa battaglia. La sua è una lotta di civiltà che coinvolge l’intera nazione perché porta alla luce i soprusi che sono stati commessi durante gli scontri tra il gruppo Seleka e la milizia Anti-balaka nella Repubblica Centrafricana.
Per questo motivo vogliamo che il caso di Claire sia raccontato, la sua storia ricordata e i colpevoli portati di fronte alla giustizia. Perché non possiamo accettare che chi subisce tali violazioni dei diritti umani non abbia il diritto di ricevere l’aiuto e il supporto che si meritano.
Claire è una vedova con otto figli – 5 ragazze e 3 ragazzi – e 11 nipoti – 9 bambine e 2 bambini – da mantenere. La notte del 23 dicembre 2013 è stata stuprata insieme a sua figlia Nadia da alcuni membri del gruppo armato Anti-balaka.
Tre giorni dopo il duplice stupro, non sentendosi bene, Claire è andata in una clinica per un controllo medico. Gli esami hanno mostrato segni evidenti di violenza carnale. Un mese dopo l’attacco, dopo una lunga malattia, sua figlia Nadia è andata all’ospedale e, in seguito a diversi esami medici, è risultata positiva al test dell’HIV e incinta a causa dello stupro. Ha dato alla luce una bambina, anche lei risultata positiva all’HIV. Claire ha fatto il test dell’HIV due volte, prima a ottobre 2016 e poi a marzo 2017, entrambi risultati negativi.
Claire chiede giustizia e risarcimento per quello che è successo. Ha detto ad Amnesty International: “Voglio che i colpevoli siano processati per quello che hanno fatto a me e a mia figlia. Voglio essere ricompensata per tutto quello che ho perso”.
Claire è andata alla Commissione Episcopale per denunciare l’accaduto. La Commissione Episcopale è una organizzazione non governativa che gestisce un centro di ascolto a Bangui, dove vengono accolte le testimonianze di vittime del conflitto. Tuttavia, non fornisce supporto legale o assistenza né presenta reclami. Ma la Commissione ha informato Claire della possibilità di poter presentare denuncia alla Corte Suprema e delle procedure da seguire. Al momento sta raccogliendo le informazioni e le prove richieste per presentare denuncia alla Corte Suprema.
Come Claire, nella Repubblica Centrafricana centinaia di vittime di abusi di diritti umani non hanno le informazioni e l’assistenza necessaria per denunciare, o sono riluttanti nel farlo, temendo che non serva a molto date la percepita inefficienza e la parzialità del sistema giudiziario. Temono inoltre rappresaglie da parte dei colpevoli che rimangono ancora in libertà e per la mancanza di protezione delle vittime.
Un clima di sfiducia alimentato, non soltanto da una lunga storia di colpi di stato militari e conflitti, ma ha anche una consolidata cultura di impunità – tra cui amnistie per persone accusate di aver commesso gravi violazioni dei diritti umani – che ha perpetuato il ciclo di violenza.
L’attuale instabilità e insicurezza nel Paese è da ricondurre a marzo 2013, quando i Seleka, una coalizione armata composta soprattutto da musulmani della RCA e dagli Stati confinanti, hanno estromesso il governo di François Bozizé e hanno commesso gravi violazioni dei diritti umani e crimini sotto il diritto internazionale.
Nei mesi successivi, gli Anti-balaka, un insieme di milizie, composto prevalentemente da animisti e cristiani, hanno portato avanti una serie di rappresaglie contro i musulmani all’interno della Repubblica, raggiungendo una nuova escalation di violenza a dicembre 2013, quando gli scontri tra i Seleka e le forze Anti-balaka a Bangui hanno portato alla morte di almeno 1000 civili. Questo ha portato a una protesta internazionale e alle dimissioni del presidente dei Seleka, Michel Djotodia. Nel 2015, la missione dell’Unione africana per la Repubblica Centrafricana e la Regione del Centrafrica ha registrato più di 60mila casi di violenza di genere, fra cui 12mila casi di stupro, equivalente al 21%.
L’impunità non solo nega giustizia alle vittime delle violazioni dei diritti umani e degli abusi, ma alimenta anche l’instabilità e il conflitto. È per questo che i leader politici della RCA, fra cui il neo-eletto Presidente Faustin-Archange Touadera, e la comunità internazionale, hanno più volte promesso misure per assicurare responsabilità per i crimini commessi durante gli anni del conflitto.
Il Presidente Touadera, eletto a marzo 2016, ha fatto dichiarazioni molto forti invocando il principio di responsabilità e ha evidenziato la sua importanza durante diverse occasioni sin dal suo insediamento. Il 9 luglio 2016 in un discorso alla nazione, in occasione dei 100 giorni dal suo inizio mandato, ha giurato di portare al processo coloro che avevano commesso gravi crimini.
Sono stati fatti alcuni passi avanti verso la ricerca di responsabilità. È stata istituita una Corte penale speciale, composta da giudici nazionali e internazionali. La Corte ha aperto delle indagini e dei processi penali a giugno 2015, così come ad agosto e settembre 2016, nonostante alcuni problemi. Hanno fatto luce sulle maggiori debolezze, fra cui l’assenza di un quadro di protezione delle vittime e dei testimoni.
Tuttavia, l’impunità rimane la norma e nella maggior parte dei casi le autorità hanno fallito nel garantire effettive indagini e processi a coloro che sono ragionevolmente sospettati di aver commesso crimini per il diritto internazionale.
Flavien Mbata
Ministro della Giustizia, dei Diritti Umani e Guardasigilli
Ministero della Giustizia
PO.Box 371
Bangui, Repubblica Centrafricana
Sua Eccellenza,
Le scrivo riguardo al caso di Claire Yinguiza e di sua figlia, Nadia, cittadine della Repubblica Centrafricana, che cercano giustizia per lo stupro che entrambe hanno subito e per il saccheggio della loro casa di famiglia, da parte dei membri del gruppo armato Anti-balaka, nel dicembre del 2013, durante il recente conflitto.
È necessario che a Claire e a sua figlia Nadia siano assicurate indagini tempestive, indipendenti, imparziali ed effettive sullo stupro da loro subito e che i responsabili siano processati in dei processi equi nel rispetto degli standard internazionali e senza fare ricorso alla pena di morte.
La sollecito affinché Claire e sua figlia Nadia abbiano pieno risarcimento per lo stupro subito e affinché ricevano un supporto psicologico adeguato così come dei trattamenti medici per l’HIV, dal momento che Nadia e sua figlia sono affette dal virus in seguito allo stupro, e possano così vivere la loro vita con dignità.
Grazie per l’attenzione.