In Turchia chi critica l’offensiva militare in Siria rischia pesanti condanne.
Con l’inizio dell’operazione “Sorgente di pace“, una nuova ondata di repressione si è abbattuta sulla stampa turca e su chiunque si sia distanziato dalla linea ufficiale del governo.
Solo nella prima settimana dell’offensiva militare, 839 account sono stati posti sotto indagine per “diffusione di contenuti di rilevanza penale“; 186 persone sono state messe in custodia di polizia e 24 di loro sono state rinviate in detenzione preventiva.
Giornalisti, utenti dei social media e manifestanti sono stati accusati di “terrorismo” e sottoposti a indagini, detenzioni arbitrarie e divieti di viaggio all’estero. Centinaia di persone sono state arrestate e sono oggetto di indagini sulla base delle leggi antiterrorismo. Se giudicati colpevoli, rischiano lunghe pene detentive.
Le autorità turche devono fermare questa repressione e annullare tutte le accuse contro coloro che hanno pacificamente espresso la loro opinione.
Il 10 ottobre, il giorno dopo l’inizio dell’offensiva militare, l’autorità regolatrice delle comunicazioni (Rtuk) ha avvisato gli organi d’informazione che vi sarebbe stata tolleranza zero su “ogni trasmissione che potrebbe avere un impatto negativo sul morale e sulle motivazioni dei soldati o che potrebbe ingannare i cittadini attraverso informazioni incomplete, false o parziali funzionali agli obiettivi del terrorismo“.
Lo stesso giorno Hakan Demir del quotidiano turco Birgün è stato interrogato su un tweet pubblicato dall’account ufficiale del giornale che rilanciava un servizio della Nbc con questo testo: “Gli aerei da guerra turchi hanno iniziato a compiere attacchi contro aree civili“.
Nello stesso giorno Fatih Gökhan Diler, direttore del portale Diken, veniva arrestato per aver pubblicato un articolo dal titolo “Le Sdf denunciano: due civili hanno perso la vita“.
Entrambi i giornalisti sono stati accusati di “incitamento all’odio e all’inimicizia” e sottoposti a un divieto di viaggio all’estero fino all’esito delle indagini.
All’alba del 19 ottobre la polizia ha fatto irruzione nell’abitazione della giornalista e difensora dei diritti umani Nurcan Baysal solo per alcuni post in cui chiedeva la pace.
Un’altra giornalista, Özlem Oral, è stata arrestata lo stesso giorno e interrogata su alcuni tweet critici pubblicati da un account che non era il suo. Il giorno dopo è stata rilasciata ma dovrà presentarsi regolarmente in una stazione di polizia e non lasciare Istanbul, la città dove risiede.
Il 27 ottobre l’avvocata ed editorialista Nurcan Kaya è stata arrestata all’aeroporto di Istanbul dopo che aveva scritto su Twitter: “Sappiamo per esperienza che ciò che chiamate operazione di pace è un massacro“. Rilasciata dopo poche ore, non potrà viaggiare all’estero.
I tentativi di censura delle voci critiche si sono estesi anche oltre i confini della Turchia. Il giorno dopo l’inizio dell’operazione, in un annuncio relativo all’operazione militare, l’organismo di regolamentazione della Turchia per i servizi di radio, televisione e media on demand, ha informato il pubblico di aver avviato attività di monitoraggio dei media sia all’interno sia all’esterno della Turchia.
Tra i primi a farne le spese il direttore e l’editore del settimanale francese Le Point, raggiunti da una denuncia degli avvocati del presidente Erdoğan per “offesa al presidente“.
L’operazione “Sorgente di pace” è stata il pretesto per intensificare la repressione contro gli attivisti e gli oppositori politici. Parecchi parlamentari sono sotto inchiesta. Uno di loro, Sezgin Tanrıkulu, dovrà rispondere di un tweet contenente questo testo: “Il governo deve saperlo. Questa è una guerra ingiustificata e una guerra contro i curdi“.
Secondo l’Ordine degli avvocati della provincia di Şanlıurfa, il 9 e il 10 ottobre almeno 54 persone sono state arrestate dalla polizia antiterrorismo. Tra loro vi sono esponenti del Partito democratico del popolo (Hdp), di sinistra e filo-curdo, così come membri di sindacati di sinistra.
Nella prima settimana dell’offensiva militare almeno 27 persone, molte delle quali affiliate all’Hdp, sono state arrestate nella provincia di Mardin con accuse di terrorismo. Tra queste, la sindaca della città di Nusaybin, subito sostituita da un governatore distrettuale.
Il 12 ottobre le “Madri del sabato“, un gruppo di parenti di vittime di sparizioni forzate che organizzano veglie pacifiche ogni sabato dal 2009 per ricordare i loro cari, sono state avvisate che, se fosse stata pronunciata la parola “guerra”, la manifestazione sarebbe stata sgomberata. Cosa puntualmente e violentemente avvenuta non appena è iniziata la lettura di una dichiarazione che criticava l’operazione militare in Siria.
Minister of Justice Abdulhamit Gül
Ministry of Justice
06659 KIZILAY / ANKARA
Turkey
ozelkalem@adalet.gov.tr
Eccellenza,
Le scrivo come sostenitore di Amnesty International, l’organizzazione non governativa che dal 1961 lavora in difesa dei diritti umani, dovunque siano violati.
La invito a garantire che il criticismo verso le operazioni militari della Turchia o le richieste di pace – attraverso media, social media, associazioni pacifiche e altre forme di proteste pacifiche – non venga criminalizzato e che nessuno, incluso giornalisti, oppositori politici ed altri siano presi di mira attraverso indagini e azioni penali semplicemente per aver esercitato il proprio diritto alla libertà d’espressione o alla libertà di assemblea pacifica.
Le chiedo di far cadere tutte le accuse nei confronti degli individui o gruppi incriminati per aver esercitato il proprio diritto alla libertà d’espressione pacifica, di porre fine alla rimozione arbitraria di sindaci eletti o la nomina di amministratori fiduciari nei comuni locali.
Le chiedo di fare quanto in suo potere per promuovere i principi fondamentali della libertà di espressione e dell’equo processo, e di assicurare che nessun prigioniero sia detenuto in condizioni inumane e degradanti.
La ringrazio per l’attenzione.