Credit: Amnesty International
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Ogni anno raccontiamo le storie di persone che mettono a repentaglio la propria libertà e incolumità pur di difendere i diritti umani.
Avere pari diritti, poter accedere ai servizi della società senza limitazioni, poter proteggere il proprio ambiente e la propria casa, sono solo alcune delle cause per cui le donne che vi stiamo per presentare si sono battute e hanno pagato caro il loro coraggio.
Donne che hanno rischiato tutto per difendere i diritti umani, e sono state incarcerate, torturate e, in alcuni casi, uccise per questo.
Donne come Atena Daemi, l’attivista iraniana che si è pronunciata contro la pena di morte del paese, e che proprio per essersi opposta sta scontando una pena detentiva di sette anni.
C’è Nonhie Mbuthuma che si batte contro un’azienda mineraria che vuole depredare e distruggere la sua terra ancestrale in Sud Africa, e per questo riceve regolarmente minacce di morte.
C’è Marielle Franco, un grande attivista brasiliana uccisa per il suo impegno a difesa dei diritti del mondo Lgbt.
Ecco le loro storie e i loro volti indimenticabili:
Gulzar Duishenova. In Kirghizistan, un paese dell'Asia centrale, dove vive Duishenova, le persone con disabilità e le donne sono entrambe considerate come cittadini di seconda classe. Dopo aver perso le gambe in un incidente d'auto nel 2002, Duishenova è entrambe le cose. Ora passa le sue giornate a fare campagne per la parità di accesso per le altre donne disabili.
Pavitri Manjhi. In India, Manjhi è un membro della comunità indigena di Adivasi, minacciata da aziende che vogliono i loro terreni per costruirvi centrali elettriche. Sebbene la sua comunità sia dominata dagli uomini, Manjhi è stata eletta leader del suo villaggio e ha aiutato i membri della sua comunità a presentare oltre 100 denunce contro le multinazionali dell’energia.
Mother Mushroom (Me Nam). Conosciuta con il suo pseudonimo Mother Mushroom, o Me Nam, è una blogger in Vietnam. Me Nam ha denunciato sul suo blog la corruzione in politica e le autorità vietnamite l'hanno condannata a 10 anni di prigione. Ha trascorso 2 anni di detenzione prima di essere rilasciata a condizione che lasci il Vietnam per gli Stati Uniti.
Marielle Franco. Marielle è stata uccisa nel quartiere Estacio di Rio de Janeiro la notte tra il 14 e il 15 marzo. Marielle aveva 38 anni ed era un’attivista per i diritti umani. Nel 2016 era stata eletta nel consiglio comunale di Rio de Janeiro. Marielle ha lavorato instancabilmente per difendere i diritti delle donne nere, dei giovani nelle favelas, delle persone Lgbtq.
Atena Daemi. Atena sogna la fine della pena di morte in Iran. Per difendere dall’esecuzione una giovane donna è anche scesa in piazza. Nel 2015, proprio sulla base di queste “prove”, Atena è stata condannata a 14 anni di carcere, poi ridotti a 7. Il processo è durato solo 15 minuti. In carcere Atena è stata picchiata e detenuta in isolamento.
Nonhle Mbuthuma. Nonhle continua a guidare la lotta per difendere la sua comunità da un’azienda che vuole estrarre il titanio dai loro territori ancestrali. Se il governo sudafricano consentirà all’azienda di estrarre titanio circa 5.000 persone potrebbero essere sgomberate. Viene minacciata solo perché difende i suoi diritti e quelli della sua comunità.
Nawal Benaissa. Nawal lotta con coraggio per la giustizia sociale e per migliorare l’assistenza sanitaria e i servizi nella sua regione, il Rif, nella parte nord del Marocco, dove molte persone si sentono dimenticate dal proprio governo. Vive costantemente sotto minaccia. Le autorità marocchine, nel tentativo di zittirla, l’hanno arrestata e tenuta in custodia 4 volte in soli 4 mesi.
Geraldine Chacón. È sempre stata un’attivista per i diritti umani a Caracas, in Venezuela. Chacón è stata coinvolta in campagne con organizzazioni non profit e Ong da quando aveva 14 anni. Come risultato del suo lavoro per educare i giovani del suo Paese sui loro diritti, ha trascorso quattro mesi in prigione quest'anno. È stata rilasciata, ma non può lasciare il paese.
Comunità indigena di Sengwer. Per secoli, questa comunità del Kenya ha vissuto nella sua terra ancestrale nella foresta di Embobut, un luogo che ritengono sacro. Nel 2014, il governo ha scelto di allontanarli dalla loro terra, incolpando ingiustamente la comunità per il disboscamento illegale. Migliaia di membri della comunità sono senzatetto e vivono in condizioni orribili.
Vitalina Koval. Koval è un'attivista per i diritti Lgbtq in Ucraina. A marzo ha organizzato una manifestazione pacifica per la Giornata internazionale della donna. Un gruppo di estrema destra ha cercato di interrompere la marcia e Koval ha subito ustioni causate da vernice rossa gettata in faccia. Gli attacchi alla sua persona non sono stati ostacolati da nessuno.
Gulzar Duishenova. In Kirghizistan, un paese dell'Asia centrale, dove vive Duishenova, le persone con disabilità e le donne sono entrambe considerate come cittadini di seconda classe. Dopo aver perso le gambe in un incidente d'auto nel 2002, Duishenova è entrambe le cose. Ora passa le sue giornate a fare campagne per la parità di accesso per le altre donne disabili.
Pavitri Manjhi. In India, Manjhi è un membro della comunità indigena di Adivasi, minacciata da aziende che vogliono i loro terreni per costruirvi centrali elettriche. Sebbene la sua comunità sia dominata dagli uomini, Manjhi è stata eletta leader del suo villaggio e ha aiutato i membri della sua comunità a presentare oltre 100 denunce contro le multinazionali dell’energia.
Mother Mushroom (Me Nam). Conosciuta con il suo pseudonimo Mother Mushroom, o Me Nam, è una blogger in Vietnam. Me Nam ha denunciato sul suo blog la corruzione in politica e le autorità vietnamite l'hanno condannata a 10 anni di prigione. Ha trascorso 2 anni di detenzione prima di essere rilasciata a condizione che lasci il Vietnam per gli Stati Uniti.
Marielle Franco. Marielle è stata uccisa nel quartiere Estacio di Rio de Janeiro la notte tra il 14 e il 15 marzo. Marielle aveva 38 anni ed era un’attivista per i diritti umani. Nel 2016 era stata eletta nel consiglio comunale di Rio de Janeiro. Marielle ha lavorato instancabilmente per difendere i diritti delle donne nere, dei giovani nelle favelas, delle persone Lgbtq.
Atena Daemi. Atena sogna la fine della pena di morte in Iran. Per difendere dall’esecuzione una giovane donna è anche scesa in piazza. Nel 2015, proprio sulla base di queste “prove”, Atena è stata condannata a 14 anni di carcere, poi ridotti a 7. Il processo è durato solo 15 minuti. In carcere Atena è stata picchiata e detenuta in isolamento.
Nonhle Mbuthuma. Nonhle continua a guidare la lotta per difendere la sua comunità da un’azienda che vuole estrarre il titanio dai loro territori ancestrali. Se il governo sudafricano consentirà all’azienda di estrarre titanio circa 5.000 persone potrebbero essere sgomberate. Viene minacciata solo perché difende i suoi diritti e quelli della sua comunità.
Nawal Benaissa. Nawal lotta con coraggio per la giustizia sociale e per migliorare l’assistenza sanitaria e i servizi nella sua regione, il Rif, nella parte nord del Marocco, dove molte persone si sentono dimenticate dal proprio governo. Vive costantemente sotto minaccia. Le autorità marocchine, nel tentativo di zittirla, l’hanno arrestata e tenuta in custodia 4 volte in soli 4 mesi.
Geraldine Chacón. È sempre stata un’attivista per i diritti umani a Caracas, in Venezuela. Chacón è stata coinvolta in campagne con organizzazioni non profit e Ong da quando aveva 14 anni. Come risultato del suo lavoro per educare i giovani del suo Paese sui loro diritti, ha trascorso quattro mesi in prigione quest'anno. È stata rilasciata, ma non può lasciare il paese.
Comunità indigena di Sengwer. Per secoli, questa comunità del Kenya ha vissuto nella sua terra ancestrale nella foresta di Embobut, un luogo che ritengono sacro. Nel 2014, il governo ha scelto di allontanarli dalla loro terra, incolpando ingiustamente la comunità per il disboscamento illegale. Migliaia di membri della comunità sono senzatetto e vivono in condizioni orribili.
Vitalina Koval. Koval è un'attivista per i diritti Lgbtq in Ucraina. A marzo ha organizzato una manifestazione pacifica per la Giornata internazionale della donna. Un gruppo di estrema destra ha cercato di interrompere la marcia e Koval ha subito ustioni causate da vernice rossa gettata in faccia. Gli attacchi alla sua persona non sono stati ostacolati da nessuno.