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Lo scandalo relativo all’uso dello spyware “Graphite” della società israeliana Paragon Solutions per sorvegliare almeno 90 giornalisti e attivisti per i diritti umani in diversi Paesi, inclusa l’Italia, solleva forti interrogativi sulla gestione della vicenda da parte del governo italiano.
Le circostanze entro le quali sarebbe stato utilizzato Graphite sono attualmente oggetto di accertamento, così come non sono state identificate in modo univoco le responsabilità connesse al suo utilizzo. Tuttavia, secondo diverse fonti mediatiche, sarebbero emersi alcuni aspetti che destano particolare preoccupazione. In particolare, il fatto che lo spyware Graphite sia utilizzato da agenzie governative o governi, alcune riferibili all’Italia.
Alla luce di questo quadro, La Rete Diritti Umani Digitali, di cui fanno parte Amnesty International Italia, Hermes Center, StraLi, Period Think Tank, Privacy Network e The Good Lobby, chiede che vengano rese pubbliche le informazioni relative al rapporto tra le agenzie governative italiane e Paragon Solutions, comprese le motivazioni che hanno portato all’interruzione di tali rapporti contrattuali, affinché siano garantiti trasparenza e accountability nelle scelte istituzionali. Per questo chiediamo che il governo riferisca in merito in Parlamento, in una seduta pubblica, invece di affidare l’urgente e necessario confronto sul caso ad audizioni secretate al Copasir.
La Rete contesta inoltre la decisione del governo di affidare l’inchiesta sull’accaduto a un ente governativo come l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale e chiede l’apertura di un’inchiesta da parte delle autorità competenti, tra cui il Garante per la Protezione dei Dati Personali e il Copasir, al fine di fare piena luce sulla vicenda. È fondamentale garantire indipendenza nei processi di verifica e affidare l’inchiesta ad un ente non governativo capace di indagare con imparzialità, rafforzando così la fiducia nell’accertamento dei fatti.
Riteniamo che queste circostanze, unite ad un clima di sempre maggior attenzione all’utilizzo di strumenti digitali per la sorveglianza delle persone, rappresentino un segnale di allarme rispetto alla tutela dei diritti digitali degli utenti e al rispetto del diritto alla tutela della vita privata; principi che rappresentano un caposaldo della nostra vita democratica.