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Aggiornamento – L’8 gennaio Cecilia Sala è tornata in Italia dopo aver trascorso 20 giorni in isolamento nel carcere di Evin a Teheran.
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Secondo Reporter senza frontiere, i giornalisti e le giornaliste in carcere in Iran sono almeno 41, tutti locali. Dal 19 dicembre quel numero è salito ad almeno 42 con l’arresto della giornalista italiana Cecilia Sala.
Cecilia Sala, nei suoi podcast per Chora Media, dava voce alle donne e alle loro storie, quelle donne che subiscono da decenni ciò che le attiviste per i diritti umani chiamano apartheid di genere.
Se c’è una regola che il giornalismo libero infrange è quella suprema dei regimi autoritari: non far sapere. Ogni tentativo di raccontare al mondo cosa accade all’interno dei loro paesi è considerato una “minaccia alla sicurezza nazionale”.
C’è un’altra regola, però, questa tutta iraniana, da spiegare: la presa in ostaggio, attraverso arresti per ragioni non rese note o in seguito motivati da imputazioni-farsa quali lo spionaggio per potenze nemiche o la collusione contro la sicurezza nazionale, di cittadini occidentali o con doppia cittadinanza che diventano ostaggi, pedine di scambio per ottenere qualcosa.
Ci sono voluti sei anni, dall’aprile 2016 al marzo 2022, per riportare a casa la cittadina iraniano-britannica Nazanin Zaghari-Ratcliff e fino a quando il governo di Londra non ha accettato di risarcire il governo di Teheran di una consistente somma, quasi 400 milioni di sterline, anticipata quasi mezzo secolo prima dallo scià per l’acquisto di armi britanniche, mai più giunte a destinazione perché nel frattempo in Iran c’era stata la rivoluzione islamica.
Due giorni prima del ritorno a casa, funzionari iraniani avevano convocato Zaghari-Ratcliffe dicendole esplicitamente che stava per essere «scambiata con denaro».
Solo un anno di meno, nello stesso scambio, c’è voluto per la scarcerazione di un altro cittadino iraniano con passaporto del Regno Unito, Anoosheh Ashoori, arrestato nel 2017.
Il 26 maggio 2023 Iran e Belgio hanno organizzato uno scambio di prigionieri: l’Iran ha liberato l’operatore umanitario Olivier Vandecasteele, arrestato nel febbraio 2022 e condannato a 40 anni per spionaggio, in cambio del diplomatico Assadollah Assadi, condannato per terrorismo a 20 anni di carcere.
Il 15 giugno 2024 ha fatto trionfale rientro a Teheran Hamid Nouri, condannato all’ergastolo in Svezia nel dicembre 2023 per il ruolo avuto nel massacro delle carceri iraniane del 1988, in cui furono sommariamente uccisi migliaia di detenuti politici.
In cambio, sono rientrati in Svezia il funzionario dell’Unione europea Johan Floderus, che rischiava l’ergastolo o la pena di morte per spionaggio, e Saeed Azizi, condannato a cinque anni per collusione contro la sicurezza nazionale e gravemente malato.
Dalla trattativa è stato escluso Ahmadreza Djalali, esperto in Medicina di emergenza con cittadinanza svedese e iraniana, per anni ricercatore presso l’Università del Piemonte orientale di Novara, arrestato nel 2016 e condannato a morte l’anno dopo per spionaggio in favore di Israele. La sua è una storia poco nota in Italia, nonostante Djalali ci abbia trascorso molto tempo.
Cecilia Sala è ora la nuova vittima di questa “politica degli ostaggi”.
Il 16 dicembre, in transito all’aeroporto italiano di Malpensa, viene fermato Mohamed Abedini, collaboratore dei Guardiani della rivoluzione. Su di lui c’è una richiesta di estradizione da parte degli Usa per aver dato supporto materiale a un attacco iraniano con un drone che, a gennaio, causò la morte di tre militari statunitensi in Giordania.
Il 17, con un dettagliato post su X, il giornalista della diaspora iraniana Shahed Alavi lancia l’allarme sollecitando gli italiani e le persone con doppio passaporto a non viaggiare in Iran onde evitare ritorsioni a seguito dell’arresto di Abedini. Questo messaggio può essere letto anche come un allarme a chi in Iran già si trova.
Il 19, Cecilia Sala viene arrestata.
Dopo oltre una settimana di negoziati non pubblici, il governo italiano dà la notizia dell’arresto il 27 dicembre, affermando che Cecilia Sala è detenuta in isolamento nella prigione di Evin ma in buone condizioni. Circostanza smentita nella telefonata della giornalista ai familiari, il 2 gennaio, in cui afferma di non aver ricevuto il pacco inviato alla direzione del carcere dall’ambasciata, di dormire in terra e di essere stata privata anche degli occhiali da vista.
Nel frattempo, più fonti iraniane collegano l’arresto di Cecilia Sala a quello di Mohamed Abedini, chiedendo che quest’ultimo sia posto quanto meno agli arresti domiciliari, richiesta al momento respinta dalle autorità giudiziarie italiane.
Chi fa giornalismo non può essere trattato come una pedina di scambio. Cecilia Sala deve essere scarcerata immediatamente e senza condizioni.
Il giornalismo non è reato.