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“Questa vicenda ha evidenziato ancora una volta le gravi lacune di un assetto normativo che mira a criminalizzare le persone migranti e le azioni di solidarietà, piuttosto che perseguire i veri trafficanti di esseri umani”, ha aggiunto Serena Chiodo.
Il Protocollo delle Nazioni Unite del 2000 sul traffico di esseri umani, ratificato dall’Italia, stabilisce che perché una condotta possa essere considerata traffico e quindi essere soggetta a criminalizzazione deve esserci l’elemento del beneficio finanziario o materiale di altro genere: una specifica che è volta a tutelare dalla responsabilità penale familiari, amici, persone che operano in funzione di un mero sostegno a chi sta provando a spostarsi, e gruppi di supporto quali le Ong.
Inoltre, il Protocollo delle Nazioni riconosce che l’ingresso irregolare può spesso essere l’unica opzione per chi fugge da persecuzioni, conflitti e contesti di crisi, e prevede che non siano criminalizzate le persone migranti, che possono essere oggetto di traffico.
Amnesty International Italia chiede al governo di intervenire con urgenza sulla normativa nazionale per allinearla agli standard internazionali, rivedendo l’attuale disciplina sul favoreggiamento dell’immigrazione irregolare.
Inoltre, è necessario ampliare le clausole di esenzione umanitaria per proteggere coloro che agiscono pacificamente in difesa dei diritti umani di persone rifugiate e migranti, nonché depenalizzare l’ingresso irregolare, affinando l’impianto normativo per renderlo coerente con le leggi e gli standard internazionali sui diritti umani.