Italia: interrompere i trasferimenti forzati in Albania

11 Aprile 2025

Foto del governo italiano

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Amnesty International ha sollecitato il governo italiano a interrompere immediatamente i trasferimenti forzati in Albania delle persone detenute nei Centri per il rimpatrio (Cpr) italiani, che altro non sono se non un disperato tentativo di riattivare il protocollo con Tirana, illegale e costoso e rappresentano tanto un ulteriore passo indietro nella gestione della migrazione da parte dell’Italia quanto un esempio di totale disprezzo per i diritti umani.
Il 28 marzo il governo italiano ha approvato in tutta fretta il decreto 37, che prevede il trasferimento forzato nei centri albanesi delle persone soggette a un provvedimento di espulsione e già trattenute nei Cpr italiani.

Il decreto altera l’obiettivo originario dell’accordo, che prevedeva il trasferimento in Albania delle persone rintracciate in mare e sottoposte a procedure accelerate di frontiera, con lo scopo finale di effettuare rimpatri rapidi, a scapito dei diritti e della sicurezza delle persone.

I trasferimenti in Albania dal mare aperto sono attualmente sospesi, in seguito a diverse sentenze dei tribunali italiani che hanno respinto gli ordini di detenzione in Albania in quanto non conformi al diritto italiano ed europeo. Nel decreto 37 non viene indicato alcun criterio alla base del trasferimento e della detenzione delle persone oggi spostate dai Cpr italiani, che potrebbero dunque essere sottoposte a decisioni arbitrarie e discriminatorie.

Da tempo Amnesty International evidenzia che i trasferimenti forzati in centri di detenzione extraterritoriali violano il diritto alla libertà, all’accesso alla giustizia e alle garanzie procedurali fondamentali e rendono estremamente difficile un monitoraggio indipendente.
Amnesty International ha anche documentato numerose violazioni nei Cpr italiani. Il rischio che l’accesso ai diritti e il rispetto degli standard legali possano essere ancora peggiori per chi verrà detenuto nei centri in Albania è molto alto.

Il  nuovo provvedimento potrebbe incidere negativamente anche sulle relazioni familiari e personali di persone che vivono da tempo in Italia e che potrebbero essere improvvisamente trasferite in Albania.

Il decreto del governo italiano è arrivato proprio mentre la Commissione europea sta accelerando sulle proposte per rendere più rapide le espulsioni di persone prive di permesso di soggiorno verso quelli che vengono definiti “hub di ritorno”, situati in stati con cui potrebbero non avere alcun legame. In questa cornice, la prassi messa in atto oggi dal governo italiano rischia di essere un pericoloso progetto pilota per una misura tanto inattuabile quanto disumana.

Amnesty International ha espresso varie volte preoccupazione per la violazione del diritto alla giustizia e all’accesso alle informazioni legali per le persone soccorse in mare e trasferite in Albania dalle autorità italiane: persone che affrontano notevoli difficoltà nel trovare e mantenere i contatti con avvocati al fine di presentare richieste di asilo e opporsi agli ordini di detenzione ed espulsione.
Altre tutele previste dal diritto internazionale ed europeo saranno difficili da garantire in favore delle persone trasferite forzatamente dai Cpr italiani, come il mantenimento dei legami familiari con chi è rimasto in Italia e l’accesso a cure mediche d’urgenza o trattamenti essenziali.

Vi saranno inoltre ostacoli significativi e costosi per garantire un accesso regolare alle persone detenute in Albania da parte delle autorità di monitoraggio indipendenti nazionali, degli avvocati e delle organizzazioni non governative. Il monitoraggio indipendente delle condizioni e dei trattamenti nei centri è indispensabile per garantire la tutela dei diritti.
Amnesty International giudica vergognoso che la Commissione europea continui a descrivere un esperimento così crudele con le vite e i diritti delle persone come “innovativo” e “conforme” al diritto europeo.

L’Unione europea e i suoi stati membri, Italia compresa, devono urgentemente abbandonare questi piani crudeli e dannosi per concentrarsi, invece, sul miglioramento dei sistemi di asilo a livello nazionale, sulla promozione di ritorni volontari dignitosi e sul garantire il sostegno all’inclusione e all’accesso a un’ampia gamma di permessi di soggiorno oltre alla protezione internazionale.