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Amnesty International e la Sport & Rights Alliance hanno esortato la Federazione internazionale di calcio (Fifa) ad agire per fermare la discriminazione contro le calciatrici afgane in esilio e favorire il loro ritorno alle competizioni internazionali.
Tra due giorni, la nazionale femminile di calcio dell’Afghanistan (Afghanistan women’s national football team – Awnt) sarà di nuovo esclusa dal sorteggio delle qualificazioni alla Coppa d’Asia femminile Afc 2026, che rappresenta il primo passo verso la qualificazione alla Coppa del mondo femminile del 2027. Sarà il secondo ciclo di qualificazione ai Mondiali da cui la squadra viene esclusa dopo la presa del potere da parte dei talebani in Afghanistan nel 2021.
“Anche se la nazionale femminile afgana è riuscita a fuggire dai talebani, nel 2021, l’ombra della discriminazione di genere sistematica continua a perseguitarla oltre i confini, negando alle giocatrici il posto che spetta loro di diritto sulla scena internazionale”, ha dichiarato Samira Hamidi, dell’ufficio campagne per l’Asia meridionale di Amnesty International.
“Amnesty International, le Nazioni unite, Human Rights Watch e altre organizzazioni della società civile hanno richiesto che la persecuzione di genere da parte dei talebani venga indagata come crimine contro l’umanità”, ha proseguito.
Il nuovo rapporto della Sport & Rights Alliance, intitolato “Non è solo un gioco. È una parte di me”: la lotta delle calciatrici afgane per il diritto di giocare, documenta le ritorsioni subite dalla squadra femminile afgana, simbolo dell’emancipazione femminile nell’Afghanistan post-talebano, quando i talebani hanno ripreso il potere nel 2021. Il rapporto evidenzia che decine di calciatrici afgane, evacuate verso paesi come Australia, Portogallo, Albania, Regno Unito e Stati Uniti, sono ancora determinate e pronte a rappresentare l’Afghanistan nelle competizioni internazionali.
“Siamo all’intervallo e i talebani pensano che stanno vincendo”, ha dichiarato Khalida Popal, fondatrice della nazionale femminile dell’Afghanistan e della Girl Power Organization. “Se la Fifa cambiasse le sue regole e ci permettesse di giocare, potremmo dimostrare al mondo che le donne e le ragazze afgane appartengono allo sport, alla scuola e a ogni altro ambito della società, e che non ci faremo sconfiggere”, ha aggiunto Popal.
Le attuali normative della Fifa impongono che la squadra ottenga il riconoscimento dalla Federazione calcistica dell’Afghanistan, controllata dai talebani, che però non riconosce il calcio femminile a causa del divieto imposto dalle autorità talebane su ogni forma di sport per le donne. Da oltre tre anni, le giocatrici afgane e i loro sostenitori chiedono alla Fifa di intervenire, fornendo il riconoscimento ufficiale e il sostegno finanziario che la federazione afgana nega loro.
In risposta a una lettera della Sport & Rights Alliance con richiesta di commento sul rapporto, la Fifa ha dichiarato, il 21 marzo, di aver sviluppato un piano per offrire opportunità calcistiche alle donne afgane sia all’interno che all’esterno del paese, senza tuttavia chiarire se intenda riconoscere ufficialmente la squadra o come verranno distribuiti i fondi.
“Dalla sua fondazione, la nazionale femminile afgana ha dimostrato una straordinaria resilienza, anche di fronte a molestie, violazioni, minacce di morte e all’obbligo di lasciare le proprie case per costruirsi una nuova vita in città di tutto il mondo”, ha dichiarato Joanna Maranhão, coordinatrice della rete degli atleti della Sport & Rights Alliance per uno sport più sicuro.
“Ripristinare per la squadra la possibilità di accedere a strutture di allenamento e risorse per competere e rappresentare il proprio paese sarebbe una forma importante di rimedio, come richiesto dal diritto internazionale dei diritti umani”, ha concluso Maranhão.
Gli statuti della Fifa e la sua politica sui diritti umani vietano ogni forma di discriminazione, inclusa quella di genere, e impegnano l’organo di governo mondiale a promuovere il calcio femminile. Gli statuti della Fifa stabiliscono che tutte le federazioni affiliate devono rispettare i regolamenti dell’organizzazione, inclusi l’obbligo di prevenire e contrastare la discriminazione e di promuovere il calcio femminile. Le federazioni che violano tali obblighi possono essere sanzionate.
“La possibilità delle calciatrici afgane di competere a livello internazionale dipende interamente da un intervento della Fifa. Nella sua lettera di risposta al nostro rapporto, la Fifa ha delineato la propria strategia per sostenere le donne afgane nel calcio. È positivo che la Fifa stia lavorando per creare opportunità di gioco per le giocatrici, ma speriamo anche che decida di riconoscere ufficialmente la squadra e di destinare un sostegno finanziario come fa con altre federazioni affiliate”, ha dichiarato Andrea Florence, direttrice esecutiva della Sport & Rights Alliance.
La Sport & Rights Alliance ha inoltre ribadito che la Fifa dovrebbe fornire un sostegno economico alla squadra femminile afgana per allenarsi e partecipare alle competizioni internazionali, così come avviene per le altre federazioni. Ad esempio, attraverso il Fifa Forward Development Programme, ciascuna delle 211 federazioni affiliate alla Fifa può ricevere fino a 9,2 milioni di dollari in un periodo di quattro anni.
La campagna della squadra afgana ha raccolto un ampio sostegno internazionale negli ultimi tre anni, compreso quello di Malala Yousafzai, premio Nobel per la pace, e di quasi 200.000 persone che hanno firmato una petizione su Change.org per chiedere alla Fifa di riconoscere la squadra in esilio.
“Per queste atlete, il calcio non è solo una passione, ma un atto fondamentale di resistenza contro i talebani, un gesto di solidarietà con le loro sorelle che vivono ancora in Afghanistan. Il riconoscimento e il sostegno della Fifa alla squadra sarebbe un segnale forte: i diritti delle donne afgane non possono essere cancellati”, ha dichiarato Fereshta Abbasi, ricercatrice per l’Asia di Human Rights Watch.
Il Comitato olimpico internazionale (Cio) ha già riconosciuto un comitato olimpico afgano in esilio per i Giochi olimpici di Parigi 2024, consentendo così alle atlete afgane di competere nonostante le restrizioni imposte dai talebani. Diversi esperti delle Nazioni Unite hanno accolto questa decisione come “un passo positivo” ma hanno esortato le organizzazioni sportive nazionali e internazionali a fare di più per contrastare le politiche oppressive dei talebani e “sostenere le atlete afgane ovunque si trovino”.