La futura Ue deve appoggiare il diritto di asilo in Europa. Dichiarazione congiunta.

10 Luglio 2024

Tempo di lettura stimato: 13'

Per assicurare che i rifugiati possano accedere alla protezione, gli stati devono garantire il diritto di chiedere e ottenere l’asilo e mantenere i loro impegni nei confronti del sistema internazionale di protezione delle persone rifugiate. Questo obbligo si applica a tutti gli stati membri dell’Ue ai sensi dell’articolo 18 della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue. Tuttavia, i recenti e crescenti tentativi dell’Ue e dei suoi stati membri di sottrarsi alle proprie responsabilità in materia di asilo, esternalizzando il trattamento dello stesso e la protezione dei rifugiati, rischiano di minare il sistema di protezione internazionale. Le organizzazioni umanitarie e per i diritti umani firmatarie di questo documento sono allarmate da questi sviluppi ed esortano l’Ue e i suoi stati membri a salvaguardare il diritto di asilo in Europa.

Le discussioni sull’esternalizzazione dell’asilo non sono nuove e sono state costantemente criticate, contestate e respinte nel corso degli anni. La stessa Commissione europea ha escluso la fattibilità giuridica di tali modelli nel 2018, definendoli “né auspicabili né realizzabili”. Le esigenze di protezione globale sono più alte che mai e i paesi a basso e medio reddito ospitano il 75 per cento dei rifugiati del mondo. Nonostante ciò, di recente si è assistito a un’impennata di proposte volte a spostare l’esame delle domande di asilo, o addirittura la responsabilità di fornire protezione ai rifugiati, a paesi non appartenenti all’Ue.

L’Italia, ad esempio, sta cercando di esaminare le domande di asilo di alcuni gruppi di richiedenti protezione al di fuori del proprio territorio, dai centri di detenzione in Albania previsti dal protocollo siglato tra Roma e Tirana – il che rischia di portare a una detenzione prolungata e automatica, a negare l’accesso a procedure di asilo eque con le necessarie garanzie procedurali e a ritardare lo sbarco delle persone salvate o intercettate in mare. Altri, come la Danimarca e la Germania, stanno valutando la fattibilità di questo tipo di accordo. 15 stati membri dell’Ue e alcuni gruppi politici hanno sostenuto misure simili e poco lungimiranti per spostare il trattamento dell’asilo al di fuori del territorio dell’Ue e hanno incoraggiato la Commissione europea a esplorare modi per facilitare ancor di più questa pratica attraverso un’ulteriore riforma legislativa, anche tramite un concetto annacquato di “Paese terzo sicuro”.

Questi tentativi devono essere considerati nel contesto dei paralleli sforzi di contenimento volti ad arginare le partenze e impedire l’arrivo dei richiedenti asilo nel territorio dell’Ue attraverso accordi di partenariato con paesi terzi, con poca o nessuna attenzione al rispetto dei diritti umani di tali paesi. Negli ultimi anni, la Commissione europea ha continuato a eludere il controllo pubblico o parlamentare e la cornice legislativa dell’Ue, concludendo accordi sempre più controversi e poco trasparenti con i paesi terzi, gettando su di loro ingenti somme di denaro senza autentiche garanzie per i diritti umani né prevedendo meccanismi di monitoraggio, con l’obiettivo di contenere e scoraggiare la migrazione e il movimento dei rifugiati verso l’Ue, apparentemente a qualsiasi costo umano.

 

Costi umani dell’esternalizzazione

I tentativi di esternalizzare l’asilo a paesi terzi sono una manifestazione della evidente sottrazione da parte degli Stati della loro responsabilità legale nei confronti delle persone bisognose di protezione. Esternalizzare il trattamento e la protezione dell’asilo a paesi terzi che non sono in grado di fornire una protezione efficace o che già ospitano in modo sproporzionato persone rifugiate, non è coerente con l’obiettivo e lo spirito della Convenzione sui rifugiati. Inoltre, confonde la giurisdizione e la responsabilità, rendendo più difficile l’accesso alla giustizia in caso di violazione dei propri diritti. Laddove è stato sperimentato il trattamento extraterritoriale dell’asilo, esso ha causato incommensurabili sofferenze umane e violazioni dei diritti.

In particolare, il programma di detenzione offshore dell’Australia dimostra come questi modelli abbiano creato un confinamento prolungato e limitato la libertà di movimento, compromettendo profondamente la salute mentale e fisica delle persone in cerca di protezione. Ne conseguono persistenti violazioni dei diritti umani, tra cui l’imposizione di condizioni che equivalgono a trattamenti inumani e degradanti, l’abbandono, la mancanza di accesso all’assistenza legale, l’assenza di identificazione e di supporto per esigenze specifiche e la separazione delle famiglie. Questo avrebbe dovuto servire da monito.

Ma tentativi più recenti – come il programma di asilo tra Regno Unito e Ruanda, che non è ancora in vigore dopo che la Corte Suprema del Regno Unito lo ha dichiarato illegittimo e in ogni caso di improbabile operatività su scala significativa – avrebbe l’effetto di portare le persone a essere detenute e a trovarsi in un dannoso limbo legale sotto la minaccia di essere allontanate. Inviare i richiedenti asilo in Ruanda e in altri paesi terzi viola gli obblighi dei paesi di arrivo ai sensi delle norme internazionali sui rifugiati e mina il loro impegno nei confronti dello Stato di diritto.

Le false promesse dell’Ue e degli stati membri di garantire il rispetto dei diritti fondamentali nel contesto degli accordi di esternalizzazione non sono altro che parole vuote. Come dimostra l’ampio curriculum di violazioni dei diritti umani in paesi partner come la Libia, l’Ue e gli stati membri non hanno strumenti e competenze adeguate per monitorare o far rispettare efficacemente gli standard dei diritti umani al di fuori del proprio territorio.

Oltre al terribile costo umano, questi accordi hanno anche un impatto rovinoso sull’amministrazione e sui costi dei sistemi di asilo: secondo le proiezioni, i tentativi del Regno Unito di trasferire forzatamente le persone in Ruanda sarebbero costati  la cifra impressionante di 1,8 milioni di sterline per ogni richiedente asilo rimpatriato. Questo non è solo uno spreco ingiustificabile di denaro pubblico, ma anche un’opportunità persa di spenderlo in modi che aiuterebbero veramente le persone che chiedono asilo, investendo in sistemi di protezione equi e umani e nelle comunità che li accolgono.

 

Effetti a cascata dell’elusione delle responsabilità

Anche la fattibilità politica degli accordi di esternalizzazione è stata fortemente contestata, data la riluttanza dei paesi terzi ad assumersi la responsabilità di richiedenti asilo o rifugiati che l’Europa rifiuta di accogliere. L’esternalizzazione del trattamento dei richiedenti asilo e della protezione dei rifugiati invia un pericoloso segnale ai paesi del sud globale sul rifiuto dei paesi dell’Ue di assumersi le proprie responsabilità nei confronti dei rifugiati e di fare la propria parte. Lungi dal mostrare solidarietà internazionale, l’Ue sta cercando di scaricare ulteriormente le proprie responsabilità sui paesi che già ospitano la maggior parte dei rifugiati con risorse spesso molto inferiori – una politica che non favorisce necessariamente la costruzione di un’influenza globale, obiettivo dichiarato della Commissione europea. Contemporaneamente, questa posizione di blocco sta riducendo il sostegno non legato alla migrazione che offre ai paesi partner, reindirizzando gli aiuti già scarsi verso gli sforzi per prevenire la migrazione e spendendo ampie quote degli aiuti allo sviluppo in programmi nazionali. Quasi il 17 per cento dell’aiuto pubblico allo sviluppo (APS) dei membri europei del Comitato per l’aiuto allo sviluppo dell’Ocse (DAC) è destinato ai costi dei rifugiati all’interno dei paesi donatori, il che significa che queste risorse non lasciano mai il territorio dell’Ue. Anche le relazioni commerciali o i visti sono diventati merce di scambio in accordi controversi con paesi terzi per spingerli a soddisfare gli obiettivi migratori interni dell’Ue.

Questa mancanza di impegno nei confronti della condivisione delle responsabilità, dei trattati internazionali e del sistema globale di protezione dei rifugiati non sfugge ai paesi partner e rischia di minare la loro volontà di fornire protezione: perché altri importanti paesi che ospitano rifugiati dovrebbero essere incentivati ad assumersi la responsabilità dell’Ue per la protezione dei rifugiati, quando essa stessa si rifiuta di sostenere il diritto di chiedere asilo sul proprio territorio? Il potenziale effetto a catena potrebbe essere devastante per la protezione dei rifugiati a livello globale.

Le organizzazioni della società civile hanno espresso chiaramente le loro gravi preoccupazioni riguardo alle riforme recentemente concordate nell’ambito del Patto europeo migrazione e asilo. Tuttavia, il trasferimento delle persone richiedenti asilo al di fuori del territorio dell’Ue per il trattamento delle domande di asilo e la protezione dei rifugiati non è previsto dal Patto, né dall’attuale legislazione dell’Ue. Dopo aver trascorso quasi un decennio nel tentativo di riformare il sistema di asilo dell’Ue, quest’ultima e gli stati membri dovrebbero ora concentrarsi sulla sua attuazione con un approccio incentrato sui diritti umani, che dia priorità al diritto di asilo secondo la legislazione dell’Ue e ai principi fondamentali del diritto internazionale dei rifugiati, a cui restano vincolati. Non dovrebbero, a poche settimane dall’approvazione della riforma, sprecare ulteriore tempo e risorse in proposte incompatibili con il diritto europeo e internazionale.

 

Firmatari

11.11.11
A Buon Diritto
ActionAid International
Adopt a Revolution
AGDDS
AMERA International
Amnesty International
APDHA – Asociación Pro Derechos Humanos de Andalucía
ARCI (Associazione Ricreativa e Culturale Italiana)
Asociación de Mujeres migrantes y refugiadas Tierramatria
Asociación Elin
Asociación Rumiñahui
Bedsteforældre for Asyl
Brot fuer die Welt
Caleidoscopia
Caritas Europa
Casa do Brasil de Lisboa
CCFD-Terre Solidaire
CEAR
Centre for Peace Studies
Christian Council of Norway
Churches’ Commission for Migrants in Europe, CCME
Ciré asbl
CNCD-11.11.11
Commission on Migration of the European Baptist Federation
CONVIVE – Fundación Cepaim
CRLDHT
Danish Refugee Council
Danish United Nations Association / FN-forbundet
DIGNITY
Dutch Council for Refugees
Ellebæk Contact Network
EuroMed Rights
Europe Cares eV.
European Council on Refugees and Exiles (ECRE)
European Evangelical Alliance (EEA)
European Network on Statelessness
Federation of Protestant Churches in Italy (FCEI)
Finnish Refugee Advice Centre
Finnish Refugee Council
Foundation for the Promotion of Rights, Algeria
Fundación Alboan
Fundacja Inicjatywa Dom Otwarty
Fundacja Right to Protection
Geloof & Samenleving
Greek Council for Refugees (GCR)
HIAS Europe
Human Rights Legal Project
Human Rights Watch
I Have Rights
International Rescue Committee
Irídia-Center for the Defense of Human Rights
Italiani senza cittadinanza
Iuventa-crew
JRS Europe
Justice & Peace Netherlands
La Cimade
LeaveNoOneBehind
LGBT Asylum
Ligue des droits humains Belgique
Lysfest for Humanisme
Médecins du Monde International Network
Migration Consortium
Migration Policy Group
Mission Lifeline International.e.V.
Movimiento por la Paz, MPDL
Novact
Ocalenie Foundation
Oxfam
Platform for International Cooperation on Undocumented Migrants – PICUM
Polish Migration Forum
Polska Akcja Humanitarna
PRO ASYL
r42-SailAndRescue
RECOSOL – Rete delle Comunità Solidali
RED ACOGE
Refugees International
Refugee Legal Support (RLS)
Refugees Welcome
RESQSHIP e.V.
Salud por Derecho
Save the Children
Sea-Watch
Seebrücke
Servicio Jesuita a Migrantes España – SJM
Små Broer
SOLIDAR
Solidarity with Kærshovedgård
SOS Humanity
SOS Racism Denmark
Statewatch
Stowarzyszenie Egala / Egala Association
Svenska Kyrkan (Church of Sweden)
United Against Inhumanity
Vluchtelingenwerk Vlaanderen
Vores Asylbørn
Zusammenland gUG