Mohamed Dihani non è più nella blacklist di Schengen

24 Gennaio 2025

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Il 21 gennaio 2025, la Corte suprema di Cassazione si è pronunciata sul ricorso effettuato dal ministero dell’Interno e dal Garante per la protezione dei dati personali avverso la sentenza del Tribunale di Roma che, nel 2023, aveva accolto la domanda del difensore per i diritti umani del Sahara occidentale Mohamed Dihani volta ad accertare il suo diritto ad accedere ai dati personali a lui riferiti e presenti nella banca dati SIS (Sistema di Informazione Schengen di seconda generazione) e procedere con la cancellazione integrale dei suoi dati personali.

Il Procuratore generale aveva già richiesto il rigetto del ricorso presentato dall’Avvocatura dello Stato, sollecitando la conferma della decisione del Tribunale di Roma che aveva ritenuto illegittima la segnalazione a carico di Dihani nel SIS  La Procura aveva sostenuto infatti, evidenziando la necessità di conferire all’autorità giudiziaria un potere di supervisione e verifica sul trattamento dei dati, anche in contesti legati alla sicurezza nazionale, che le argomentazioni avanzate dal ministero non avessero fondamento, sottolineando l’importanza dei diritti di accesso, rettifica e cancellazione dei dati personali.

La segnalazione di Dihani nella blacklist della banca dati SIS è stato un pesante fardello che ha influenzato le vicende legali e leso i suoi diritti fondamentali. Ad esempio, nel 2018 il consolato italiano aveva negato il visto a Dihani per cure mediche proprio a causa della segnalazione. Nel 2022, la richiesta di protezione internazionale depositata in Italia era stata ostacolata dalla stessa segnalazione, che aveva portato a un rigetto da parte della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Roma nel maggio 2023, motivato da presunti rischi per la sicurezza nazionale. Nell’ottobre 2023 Dihani  era stato poi oggetto di pesanti controlli da parte della polizia di Piacenza che, sempre sulla base della segnalazione nel database, aveva fatto irruzione in piena notte nell’albergo in cui l’attivista stava alloggiando per partecipare ad attività di divulgazione e sensibilizzazione di Amnesty International.

Il 16 settembre 2024 il Tribunale civile di Roma aveva riconosciuto a Dihani lo status di rifugiato, contestando la legittimità della segnalazione e affermando il Marocco paese non sicuro per lui. Un mese dopo, proprio sulla base della segnalazione nel database SIS, il ministero dell’Interno ha presentato ricorso dinanzi alla Corte di cassazione, per la quale si è ad oggi in attesa di fissazione dell’udienza.

Nel mentre, è arrivata la sentenza della Cassazione che, rigettando il ricorso avanzato dal ministero dell’Interno e dal Garante per la protezione dei dati personali, ha confermato non soltanto il diritto di Dihani di accedere ai dati del database SIS, ma anche l’illegittimità degli stessi e l’obbligo di una loro cancellazione. La sentenza conferma, prima di tutto, il diritto del soggetto interessato a fruire del “diritto di accesso, rettifica e cancellazione dei dati trattati inesattamente o illegittimamente”, rimandando la competenza al Garante per la protezione dei dati personali. Afferma inoltre che, al fine di limitare tale tutela, non può valere il richiamo alle ragioni previste nell’articolo 5 del d.lgs 51/2018 (che prevede la liceità del trattamento dei dati delle persone fisiche svolti dalle autorità competenti “a fini di prevenzione, indagine, accertamento  e perseguimento di reati, o esecuzione di sanzioni penali,  incluse  la salvaguardia contro  e  la  prevenzione  di  minacce  alla  sicurezza pubblica.”) o al concetto di sicurezza nazionale, dato che tali previsioni devono essere coordinate con il diritto di accesso alle informazioni e di verifica, anche dinanzi all’autorità giudiziaria, circa la correttezza e la liceità delle stesse.

“Dopo questa sentenza, che potrebbe avere un importante valore anche per altre persone appartenenti a paesi terzi e che vivono nel territorio italiano, Dihani potrà finalmente accedere e chiedere la cancellazione delle informazioni e dei dati che, fino ad oggi, hanno gettato una lunga ombra sul suo presente e sul suo futuro” ha dichiarato Ilaria Masinara, responsabile Ufficio campagne di Amnesty International Italia.