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Alla vigilia del quarto anniversario del colpo di stato, 46 organizzazioni per i diritti umani hanno sollecitato la comunità internazionale ad agire con urgenza per assicurare che i responsabili dei crimini di atrocità commessi in Myanmar siano chiamati a risponderne.
Il 2025 rappresenta un anno di svolta. Sebbene resti al potere, l’esercito di Myanmar sta perdendo terreno in molte zone del paese. In un contesto di conflitti e di dinamiche politiche in cambiamento, occorrono ulteriori sforzi per assicurare la giustizia e un futuro basato sul rispetto dei diritti umani.
Dal colpo di stato del 1° febbraio 2021, la giunta militare di Myanmar ha ucciso oltre 6000 persone, ne ha arrestate arbitrariamente più di 20.000 e ha ripreso a eseguire condanne a morte. Gli sfollati interni sono oltre tre milioni e mezzo. Le organizzazioni per i diritti umani hanno denunciato maltrattamenti e torture, attacchi indiscriminati e il diniego degli aiuti umanitari, che nell’insieme possono costituire crimini di guerra e crimini contro l’umanità.
La giunta militare ha compiuto attacchi massicci e sistematici contro la popolazione civile bombardando scuole, ospedali e luoghi di culto nella totale impunità. Anche i gruppi armati che combattono contro l’esercito hanno commesso violazioni dei diritti umani.
Il 2024 è stato il peggiore anno dal 2017 per quanto riguarda le violenze contro la comunità rohingya: uomini, donne e bambini sono morti, intrappolati nello stato di Rakhine nel conflitto armato tra le forze armate di Myanmar e il gruppo armato Esercito dell’Arakan.
Allo stesso tempo, l’esercito di Myanmar ha perso una quantità senza precedenti di territorio a favore di una coalizione di gruppo etnici armati che ha preso il controllo di due comandi regionali, città, villaggi e posti di blocco e catturato alti ufficiali.
Nelle aree controllate da questi gruppi o dal Governo di unità nazionale, formato da parlamentari e funzionari estromessi dal colpo di stato del 2021, si stanno formando strutture locali di governo e sta emergendo una nuova società civile. Sono operativi scuole, ospedali, uffici amministrativi, prigioni, stazioni di polizia e tribunali.
Le 46 organizzazioni hanno chiesto a tutte le parti in conflitto di rispettare il diritto internazionale dei diritti umani e collaborare ai meccanismi della giustizia internazionale, tra i quali il Meccanismo indipendente d’indagine su Myanmar. Tutti gli stati, compresi quelli facenti parte dell’Associazione per lo sviluppo del sudest asiatico (Asean) e gli altri dell’area, devono aumentare le pressioni sulla giunta militare bloccando la consegna delle armi e i trasporti marittimi di carburante per l’aviazione e sostenendo i meccanismi della giustizia internazionale, anche sottoponendo a procedimenti o estradando presunti responsabili di crimini. L’Asean deve lasciare da parte il suo fallimentare piano denominato “Consenso su cinque punti” e assumere azioni decisive perché la giunta militare risponda delle sue azioni.
Le 46 organizzazioni hanno anche sollecitato la comunità internazionale a impegnarsi in favore di una strategia giudiziaria coordinata e di lungo termine.
A livello globale, la giustizia internazionale sta facendo passi avanti. Nel novembre 2024 la procura della Corte penale internazionale ha chiesto un mandato d’arresto per l’alto generale Min Aung Hlaing per i crimini contro l’umanità di deportazione e persecuzione dei rohingya commessi in Myanmar e in parte in Bangladesh tra agosto e dicembre del 2017. Sono attese ulteriori richieste nei confronti di altri alti ufficiali dell’esercito di Myanmar.
Se queste richieste saranno accettate, le autorità degli stati parte della Corte penale internazionale dovranno eseguire i mandati d’arresto qualora le persone ricercate si troveranno nel loro territorio e consegnarle alla Corte penale internazionale. Gli stati devono negare riparo a coloro che sono accusati di gravi crimini di diritto internazionale e non devono consentire a questi ultimi di farla franca.
L’attuale richiesta di mandato d’arresto è un passo positivo ma resta limitata nel tempo e nell’ampiezza in quanto non riguarda i crimini commessi dopo il colpo di stato del 2021. Il procuratore della Corte penale internazionale dovrebbe fare passi avanti nelle sue indagini, prendendo anche in considerazione i crimini commessi dopo il 2017 e nei quattro anni successivi al colpo di stato. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e gli stati parte della Corte penale internazionale devono deferire l’intera situazione di Myanmar alla Corte penale internazionale per assicurare giustizia per tutte le vittime.
I governi, i donatori e le agenzie internazionali dovranno sostenere i tentativi di assicurare giustizia anche attraverso la giurisdizione universale e la possibile creazione di meccanismi “ibridi” di giustizia. La comunità internazionale deve imporre un embargo globale sulle armi, sospendere le esportazioni di carburante e collaborare con tutti gli attori nazionali in gioco, compresa la società civile locale e le persone più colpite dalle violazioni dei diritti umani.
La risoluzione approvata dal Consiglio Onu dei diritti umani nell’aprile 2024 ha sottolineato la necessità di una “stretta e tempestiva collaborazione” tra il Meccanismo indipendente d’indagine su Myanmar, istituito dallo stesso Consiglio per raccogliere e conservare prove di crimini di atrocità in vista di futuri procedimenti giudiziari, e “ogni indagine o procedimento avviati da organi di giustizia nazionali, regionali o internazionali, comprese la Corte penale internazionale e la Corte internazionale di giustizia”.
La risoluzione ha inoltre chiesto all’Alto commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite di tenere alta l’attenzione sull’accertamento delle responsabilità rispetto a violazioni del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario e di presentare un rapporto su come “soddisfare le aspirazioni della popolazione di Myanmar per i diritti umani, l’accertamento delle responsabilità, la democrazia e un governo civile”.
Dal 24 febbraio al 4 aprile la situazione di Myanmar sarà esaminata nella prossima sessione del Consiglio Onu dei diritti umani. Gli stati membri delle Nazioni Unite dovranno cogliere questa opportunità per iniziare un nuovo approccio nei confronti di Myanmar e adottare una risoluzione che spezzi il ciclo dell’impunità per i crimini di atrocità. La comunità internazionale dovrà amplificare le voci delle persone sopravvissute, delle persone attiviste e della popolazione di Myanmar che continuano a resistere all’oppressione correndo grandi rischi.
La crisi dei diritti umani in Myanmar non è iniziata col colpo di stato del 1° febbraio 2021, che è stato favorito da decenni di oppressione. Porre fine all’impunità dovrà richiedere soluzioni robuste e adatte e un impegno politico e finanziario di lungo termine. Il mondo deve agire ora.
Le 46 organizzazioni firmatarie:
In occasione dei quattro anni dal colpo di stato, una due giorni a Roma dedicate all’arte, alla storia e alla cultura con mostre fotografiche, proiezioni di film e una conferenza con ospiti internazionali.