Foto di STR/AFP via Getty Images
Tempo di lettura stimato: 8'
Amnesty International ha lanciato oggi un appello urgente affinché le forze armate di Myanmar cessino immediatamente gli attacchi aerei e ogni altra attività offensiva contro obiettivi civili nelle aree colpite dal terremoto di magnitudo 7.7 della scorsa settimana e affinché i soccorsi possano raggiungere più rapidamente possibile le persone nella zona dell’epicentro del disastro.
Le testimonianze raccolte da Amnesty International nei giorni successivi al terremoto confermano che l’esercito ha continuato a condurre attacchi aerei letali, aggravando le difficoltà nei soccorsi e aumentando paura e angoscia tra le persone sopravvissute.
“Le forze armate di Myanmar, così come tutti gli altri soggetti coinvolti nei soccorsi, devono garantire il pieno rispetto dei principi sui diritti umani e mettere al primo posto le necessità umanitarie delle persone colpite”, ha dichiarato Joe Freeman, ricercatore su Myanmar di Amnesty International.
“Non si può chiedere aiuto con una mano e bombardare con l’altra. Lanciare attacchi aerei e colpire civili nella stessa regione devastata dal terremoto è un atto disumano e mostra un totale disprezzo per i diritti umani”, ha aggiunto Freeman.
Secondo i media controllati dai militari in Myanmar, il terremoto ha causato almeno 2065 morti e oltre 3900 feriti. Il repentino aumento delle cifre giorno dopo giorno, unito alle difficoltà nelle comunicazioni, fa temere che il bilancio reale possa essere molto più alto.
L’epicentro del sisma si trova nella regione di Sagaing, un’ampia area nel centro di Myanmar. Danni significativi sono stati segnalati anche a Mandalay – la seconda città più grande del paese –, nella capitale Naypyidaw e in alcune zone dello stato di Shan e della regione di Bago.
Gli attacchi aerei, ormai parte della quotidianità in Myanmar dal colpo di stato del 2021, hanno colpito anche le zone vicine alle operazioni di soccorso post-terremoto e altre aree di conflitto, come gli stati di Karen e Karenni.
Dopo il colpo di stato, l’esercito è stato protagonista di scontri violenti con i gruppi della resistenza armata nella regione di Sagaing e più in generale nel centro di Myanmar, portando a termine attacchi aerei illegali, esecuzioni extragiudiziali e incendi su larga scala dei centri abitati. In alcune circostanze, anche i gruppi di opposizione armata sono stati accusati di violazioni dei diritti umani.
Amnesty International ha raccolto la testimonianza di un’infermiera del villaggio di Nwe Khwe, nella municipalità di Chaung-U, nella regione di Sagaing, e di un soccorritore locale operante nella stessa area.
Il soccorritore ha descritto come, dopo il terremoto, sia stato costretto a mettersi al riparo dagli attacchi, avvenuti anche la mattina del 1° aprile e lo stesso giorno del sisma. Gli attacchi sono stati compiuti con parapendii motorizzati – noti localmente come “attacchi paramotore” – una nuova tattica dell’esercito che richiede meno risorse, potendo fare a meno del carburante per gli aerei.
“Ero in un rifugio sotterraneo. Durante gli attacchi sentivo il suono del motore che attraversava il mio villaggio. Il rumore del paramotore è come quello di una motosega”, ha raccontato. “Sopravvivere ai raid aerei è diventata la nostra quotidianità. Non capisco perché non finisca mai”.
L’infermiera, che aderisce al Movimento di disobbedienza civile – impegnato in proteste e boicottaggi contro l’esercito –, ha confermato un attacco paramotore la sera del terremoto e un altro il 31 marzo. In questi casi non ci sono state vittime, grazie ai sistemi di allerta precoce già in funzione.
“Non sto bene mentalmente, tutte le persone del villaggio sono terrorizzate a causa degli attacchi e del terremoto”, ha raccontato.
Il governo di unità nazionale, che coordina le Forze di difesa del popolo – gruppi armati creati per contrastare l’esercito dopo il colpo di stato del 2021 –, ha annunciato una sospensione delle ostilità di due settimane a partire dal 30 marzo. Il 1° aprile, un’altra fazione armata allineata, l’Alleanza dei Tre Fratelli, ha dichiarato una tregua umanitaria di un mese, fatta eccezione per azioni di autodifesa.
Diversamente da quanto accaduto in occasione di precedenti disastri naturali documentati da Amnesty International, le forze armate di Myanmar hanno fatto un’insolita richiesta di aiuti internazionali. L’organizzazione per i diritti umani ha ricevuto informazioni secondo cui alcuni aiuti sarebbero effettivamente arrivati in determinate aree colpite, ma la situazione è incerta a causa di interruzioni dei collegamenti a Internet e segnalazioni di consegne bloccate o ritardate.
A Sagaing, capoluogo della regione omonima, Amnesty International ha parlato con tre residenti e analizzato un rapporto redatto da organizzazioni della società civile birmana. Il documento segnala la crescente necessità di sacchi per cadaveri, calce viva, torce, forniture mediche e repellenti per insetti.
Nel rapporto si denuncia inoltre la stretta sorveglianza imposta dai militari sui veicoli leggeri in transito da Mandalay verso Sagaing. I soldati ispezionano i carichi, effettuando controlli più lunghi sui convogli provenienti da aree con maggiori legami con i gruppi di resistenza.
I residenti di Sagaing hanno riferito che la maggior parte della città è danneggiata e che la popolazione non ha accesso regolare ad acqua potabile, cibo, rifugi, medicinali, cure adeguate ed elettricità e fa affidamento su piccoli pannelli solari. Molte persone dormono per strada, utilizzando stuoie, teli di plastica e zanzariere.
“La Croce rossa di Myanmar è presente e le organizzazioni della società civile locali sono attive ed efficienti. Ma non vedo gruppi internazionali in città”, ha riferito un abitante il 31 marzo.
“Non possiamo comprare cibo e acqua potabile perché non ci sono fornitori”.
Un altro cittadino, impegnato nella distribuzione di aiuti, ha sottolineato l’urgente bisogno di generi alimentari secchi, come cibo in scatola e noodles confezionati, e che i gruppi locali stanno impiegando le proprie attrezzature per le operazioni di ricerca e soccorso.
Nonostante sia stato concesso l’accesso ad alcune organizzazioni internazionali per consegnare aiuti a Sagaing, fino al 31 marzo nessuno degli abitanti con cui Amnesty International ha parlato aveva ancora visto operatori umanitari internazionali in città.
Una donna incinta ha descritto scene scioccanti nell’ospedale locale dopo il terremoto:
“La situazione all’ospedale generale di Sagaing era come quella del Covid-19: corpi ovunque, senza sapere chi fossero né a chi appartenessero. Li portavano direttamente al crematorio”.
“I diritti umani sono più a rischio nelle situazioni di crisi ed emergenza. Le forze armate di Myanmar e tutte le parti in conflitto devono rispondere immediatamente ai bisogni essenziali delle comunità colpite e garantire che le operazioni di soccorso e assistenza si svolgano senza discriminazioni”, ha concluso Freeman.