Myanmar: una crisi invisibile

29 Gennaio 2025

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La giunta ha intensificato gli attacchi aerei contro i civili, cercando di distruggere i centri abitati che non può controllare, poiché nel corso di questi ormai quasi quattro anni dal colpo di stato, decine di migliaia sono i soldati morti, feriti, che si sono arresi o che hanno disertato a favore delle forze della resistenza democratica, rendendo possibile la perdita di controllo di molte basi militari e della maggior parte del territorio, a favore delle forze di opposizione che, nonostante la totale assenza di sostegni internazionali, continuano a lottare per far vincere la Rivoluzione di Primavera e costruire uno stato democratico e federale.

Con la strategia “brucia tutto, uccidi tutti”, oltre 100.000 abitazioni sono state distrutte dai raid della giunta, provocando a oggi 3,6 milioni di persone sfollate interne, 18 milioni che necessitano di assistenza umanitaria e 13,3 milioni con gravi livelli di insicurezza alimentare. Oltre 27.694 dissidenti sono stati arrestati, oltre 50.000 sono i morti, di cui oltre 8000 civili, secondo l’Acled che afferma come il panorama del conflitto in Myanmar sia “diventato il più frammentato al mondo con oltre 2600 nuovi attori non statali, che dal 2021 partecipano al conflitto rappresentando il 21 per cento del totale dei gruppi armati non statali attivi in tutto il mondo”.

Gli atti di violenza e gli arresti arbitrari, la detenzione e la tortura di attivisti dei diritti umani e sindacalisti sono in continuo aumento, così come le torture e gli stupri nei villaggi, nei luoghi di lavoro e nelle carceri. Sempre più spesso emergono denunce di lavoratori e lavoratrici che operano in condizioni di schiavitù, molte sono costrette a prostituirsi per sopravvivere. L’economia è in caduta libera. L’attuazione della legge sulla coscrizione obbligatoria, che riguarda 13 milioni di ragazzi e ragazze, sta costringendo decine di migliaia di loro alla fuga. Anche i giovani rohingya, oggi apolidi, sono stati sequestrati nei campi profughi del Rakhine e costretti ad arruolarsi. Per recuperare una falsa legittimità, la giunta intende tenere inoltre alla fine del 2025 le elezioni politiche, favorite da Cina e Russia che sostengono la giunta sul piano diplomatico all’Onu, come pure sul piano militare, economico e commerciale.

Sebbene le violazioni dei diritti umani commesse dalla giunta costituiscano crimini di guerra e crimini contro l’umanità, a fine ottobre 2024 il presidente dell’Interpol, i governi Asean, più Australia, Russia e Cina hanno partecipato in Myanmar alla 42° conferenza di Aseanpol, sancendo un riconoscimento della giunta come governo legittimo. Dal 2023 a oggi, il Sac ha potuto continuare a importare centinaia di migliaia di dollari di forniture militari, grazie alla mancanza di coordinamento e di attuazione delle sanzioni e ha acquistato almeno 80 milioni di dollari di carburante per l’aviazione tramite il sistema bancario internazionale, con un aumento di quasi il 30 percento rispetto al 2022. Ancora oggi le istituzioni finanziarie straniere forniscono servizi alle banche statali sotto il controllo della giunta e continuano a elaborare transazioni relative agli appalti militari del ministero della Difesa del Sac.

Sul terreno delle sanzioni, la prossima Conferenza internazionale Ilo di giugno, dovrà decidere le misure adottare, ai sensi dell’art. 33 della Costituzione dell’Ilo, perché il Myanmar rispetti le raccomandazioni della commissione d’inchiesta sulla gravissima violazione dei diritti umani nel lavoro. E infine l’Unga dovrebbe riconoscere il governo di unità nazionale, perché possa rappresentare il popolo birmano alla Cig e alla Corte penale internazionale, oltre che all’Onu.

In occasione dei quattro anni dal colpo di stato, una due giorni a Roma dedicate all’arte, alla storia e alla cultura con mostre fotografiche, proiezioni di film e una conferenza con ospiti internazionali.

A cura di Cecilia Brighi,
segretaria generale di Italia-Birmania Insieme per il numero 1 del trimestrale I Amnesty.

 

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