Hayri Tunç
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Aggiornamento 27 marzo 2025: il ministero degli Interni ha diffuso una dichiarazione contenente anche delle informazioni aggiornate sulle proteste. Si segnala in particolare:
Sette giornalisti sono stati scarcerati dopo aver fatto appello.
Amnesty International ha sollecitato le autorità turche a porre fine all’uso della forza non necessaria e indiscriminata contro persone che manifestano pacificamente e ad avviare indagini sugli atti illegali di violenza commessi dalla polizia con l’intensificarsi delle proteste seguite all’arresto del sindaco di Istanbul.
Dal 19 marzo, quando sono iniziate le manifestazioni, sono state arrestate 1133 persone. Il divieto di protesta in vigore in tre città è stato ulteriormente esteso. Si segnalano ferimenti, difficoltà nell’accesso ai social media e arresti di giornalisti che seguivano le proteste nel corso di raid nelle loro abitazioni.
“L’uso della forza non necessaria e indiscriminata, che abbiamo visto in numerose immagini, da parte della polizia contro manifestanti pacifici deve cessare immediatamente. La Turchia deve rispettare le norme e gli standard del diritto internazionale sulla gestione delle proteste”, ha dichiarato Agnés Callamard, segretaria generale di Amnesty International.
“Quelle immagini mostrano un uso completamente immotivato della forza, da parte della polizia, contro manifestanti pacifici picchiati coi manganelli e presi a calci mentre erano a terra. L’uso indiscriminato dello spray al peperoncino, dei gas lacrimogeni e dei proiettili di gomma, in alcuni casi diretti al volto e al tronco ha causato feriti e ricoveri in ospedale ed è qualcosa di profondamente scioccante. Questi atti illegali di violenza devono essere indagati immediatamente e i responsabili devono essere portati di fronte alla giustizia”, ha aggiunto Callamard.
Amnesty International ricorda alle autorità turche che l’uso della forza da parte della polizia dev’essere strettamente limitato. Ad esempio, i gas lacrimogeni e i cannoni ad acqua non devono mai essere usati salvo in caso di violenze massicce e generalizzate che non possono essere represse in modo meno dannoso. Anche quando singole persone compiono isolati atti di violenza, una protesta non perde la sua natura pacifica e l’uso indiscriminato della forza contro tutti i partecipanti non può essere mai giustificato.
All’alba del 24 marzo, nel corso di una serie di irruzioni nelle loro abitazioni, sono stati arrestati almeno otto giornalisti che avevano seguito le proteste: Ali Onur Tosun, Bülent Kılıç, Zeynep Kuray, Yasin Akgül, Hayri Tunç, Kurtuluş Arı, Zişan Gür, Murat Kocabaş e Barış İnce. Per 42 ore Internet ha subito una riduzione di banda che ha limitato l’accesso ai social media e ai portali d’informazione. Oltre 700 profili su X di giornalisti, attivisti ed esponenti dell’opposizione sono stati bloccati.
“La limitazione dell’accesso a Internet è un brutale attacco alla libertà di espressione. Le autorità dovrebbero astenersi da tali misure. Le aziende proprietarie di social media, come X, devono agire immediatamente per ripristinare i profili di persone che criticano il governo turco”, ha sottolineato Callamard.
“È fondamentale che le autorità turche rispettino e proteggano il diritto di raduno pacifico, annullino i divieti di protesta e scarcerino tutte le persone arrestate arbitrariamente e senza alcuna giustificazione solo per aver esercitato i loro diritti alla libertà di espressione e di protesta pacifica”, ha concluso Callamard.
Dopo i mandati di arresto emessi dal capo della procura di Istanbul nei confronti un centinaio di persone, tra le quali il sindaco di Istanbul Ekrem İmamoğlu e i presidenti di due importanti municipi della città, il 23 marzo 44 persone sono state scarcerate ma restano sottoposte a controlli giudiziari e 48 sono state poste in detenzione preventiva – tra queste, lo stesso Ekrem İmamoğlu – ai sensi della legge sul contrasto alle organizzazioni criminali a scopo di lucro e per accuse come “corruzione, appropriazione indebita, acquisizione illegale di dati personali e turbativa d’asta”.