Aggiornamento – L’avvocato di Pakhshan Azizi ha comunicato che la pena di morte è stata sospesa.
L’operatrice umanitaria e attivista della società civile Pakhshan Azizi è stata condannata a morte nel luglio 2024. Appartenente all’oppressa minoranza etnica curda dell’Iran, la donna è stata accusata di “ribellione armata contro lo Stato” solo in relazione alle sue attività pacifiche per i diritti umani e umanitarie.
Tra il 2014 e il 2022 ha aiutato donne e bambini sfollati in seguito agli attacchi del gruppo armato dello Stato islamico e ospitati in campi nel nord-est della Siria e nella regione del Kurdistan iracheno.
Il 4 agosto 2023, agenti del ministero dell’Intelligence hanno arrestato arbitrariamente Pakhshan Azizi e l’hanno sottoposta a sparizione forzata. Dopo il trasferimento nella prigione di Evin a Teheran è stata tenuta in isolamento prolungato per cinque mesi senza poter parlare con un avvocato o con la sua famiglia. Durante questo periodo la donna è stata sottoposta a torture e altri maltrattamenti per costringerla a “confessare” legami con gruppi di opposizione curdi, da lei ripetutamente negati. All’inizio di dicembre 2023 è stata trasferita nel reparto femminile della prigione di Evin.
Il processo di Pakhshan Azizi, svoltosi in due sessioni il 28 maggio e il 16 giugno 2024, è stato gravemente iniquo. Il suo ricorso è stato respinto dalla Corte suprema.
Chiediamo l’annullamento della condanna a morte per Pakhshan Azizi e la sua liberazione immediata e senza condizioni.
Il 4 agosto 2023, agenti del ministero dell’Intelligence hanno arrestato Pakhshan Azizi nella sua casa di famiglia a Teheran insieme a diversi parenti, tra cui il padre Aziz e la sorella Pashang e li hanno trasferiti nella prigione di Evin. I familiari di di Pakhshan Azizi sono stati scarcerati su cauzione circa due settimane dopo. Successivamente sono stati processati nello stesso caso di Pakhshan Azizi davanti alla sezione 26 del Tribunale rivoluzionario e condannati a pene comprese tra un anno e due anni di reclusione per motivi di sicurezza nazionale e altre accuse, tra cui quella di “aver aiutato un criminale a eludere il processo e la condanna”, in apparente riferimento a Pakhshan Azizi. A fine settembre 2024, le condanne e le sentenze sono state confermate in appello.
In un’intervista rilasciata ai media iraniani uno dei suoi avvocati ha ribadito che “non solo la signora Pakhshan Azizi non ha mai intrapreso operazioni armate, ma… dal 1394 (2015/2016 del calendario gregoriano) a causa dei crimini di Da’esh (gruppo armato dello Stato islamico) ha lavorato come assistente sociale nell’area del Rojava nel nord-est della Siria aiutando i rifugiati e le vittime dello Stato islamico”. Nella stessa intervista, il suo avvocato ha dichiarato che “anche nella sentenza stessa, non c’è alcun riferimento a operazioni o scontri armati che coinvolgano la signora Pakhshan Azizi con qualsiasi entità governativa o non governativa iraniana”.
Dopo il suo arresto arbitrario, Pakhshan Azizi ha intrapreso diversi scioperi della fame, tra cui uno nel maggio 2024, per protestare contro il trasferimento dell’attivista curda Verisheh Wrisha Moradi dal reparto femminile della prigione di Evin alla sezione 209. Lo sciopero della fame è terminato quando la donna è stata trasferita nuovamente nel reparto femminile. Come rappresaglia per il continuo attivismo per i diritti umani di Pakhshan Azizi dal carcere, le autorità hanno aperto due nuovi casi contro di lei e le hanno negato i contatti con la famiglia. Secondo una fonte attendibile, a metà agosto 2024 le autorità hanno aperto un caso contro Pakhshan Azizi per “disordini in carcere” in relazione al suo attivismo per le elezioni presidenziali in Iran, svoltesi in due turni tra la fine di giugno e l’inizio di luglio 2024. Dal 6 luglio a metà settembre 2024, le autorità hanno negato a Pakhshan Azizi tutti i contatti con la famiglia. Le è tuttora impedito di ricevere visite di persona. Le autorità hanno aperto il secondo caso all’inizio di settembre 2024 quando Pakhshan Azizi e molte altre persone, tra Narges Mohammadi, hanno protestato contro l’intensificazione dell’uso della pena di morte da parte delle autorità iraniane.
All’indomani della rivolta “Donna Vita Libertà” le autorità iraniane hanno intensificato l’uso della pena di morte per instillare la paura nella popolazione e rafforzare la loro presa sul potere. Questa escalation include il ricorso alla pena di morte contro le minoranze etniche oppresse, tra cui beluci e curdi. Il 29 gennaio 2024, le autorità iraniane hanno messo a morte in maniera arbitraria i dissidenti curdi Pejman Fatehi, Vafa Azarbar, Mohammad Hazhir Faramarzi e Mohsen Mazloum, condannati dopo un processo gravemente iniquo alla fine del 2023. Le autorità hanno sottoposto i quattro uomini a sparizione forzata sin dal loro arresto avvenuto il 20 luglio 2022 e hanno vessato e intimidito le loro famiglie. Le autorità hanno anche intensificato il ricorso alla pena di morte contro le prigioniere politiche. Nel giugno 2024, un tribunale rivoluzionario della provincia di Gilan ha condannato la difensora dei diritti umani Sharifeh Mohammadi per “ribellione armata contro lo Stato” (baghi) e l’ha condannata a morte in relazione al suo pacifico attivismo per i diritti umani. Almeno un’altra donna, Verisheh Wrisha Moradi, è stata processata per “ribellione armata contro lo Stato” (baghi) in un caso separato. Nel 2023, le autorità hanno compiuto almeno 853 esecuzioni e il ricorso alla pena di morte ha colpito in modo sproporzionato la minoranza etnica dei beluci che costituisce circa il 5% della popolazione iraniana, ma che ha rappresentato il 20% di tutte le esecuzioni nel 2023. Nel 2024, secondo le organizzazioni non governative iraniane, le esecuzioni sarebbero state almeno un migliaio.
Le minoranze etniche in Iran, compresi i curdi, subiscono una diffusa discriminazione che limita il loro accesso all’istruzione, al lavoro, a un alloggio adeguato e alle cariche politiche. La continua mancanza di investimenti nelle regioni popolate dalle minoranze etniche aggrava la povertà e l’emarginazione. Nel 2023 le forze di sicurezza hanno ucciso illegalmente e impunemente decine di corrieri transfrontalieri curdi non armati (kulbar) tra le regioni del Kurdistan dell’Iran e dell’Iraq. Amnesty International ha anche ripetutamente documentato come le autorità iraniane prendano di mira individui appartenenti alla minoranza etnica curda dell’Iran per arresti e detenzioni arbitrari sulla base del loro reale o percepito sostegno o associazione con i partiti curdi, senza fornire prove sufficienti del loro coinvolgimento diretto o indiretto in reati riconoscibili a livello internazionale.
Capo della magistratura, Gholamhossein Mohseni Ejei
c/o Ambasciata dell’Iran presso l’Unione Europea
Avenue Franklin Roosevelt n. 15, 1050 Bruxelles, Belgio
Egregio signor Gholamhossein Mohseni Ejei,
L’operatrice umanitaria e attivista della società civile Pakhshan Azizi appartenente all’oppressa minoranza etnica curda dell’Iran, è a rischio di esecuzione dopo che la sezione 26 del Tribunale rivoluzionario di Teheran l’ha condannata a morte nel luglio 2024 e che la Corte suprema ha ratificato la condanna. È stata condannata per “ribellione armata contro lo Stato” (baghi) solo in relazione alle sue attività pacifiche per i diritti umani e umanitarie. Ad esempio, tra il 2014 e il 2022 è stata coinvolta nel fornire supporto umanitario a donne e bambini sfollati in seguito agli attacchi del gruppo armato dello Stato Islamico e ospitati in campi nel nord-est della Siria e nella regione del Kurdistan in Iraq. Il suo ricorso è stato respinto dalla Corte suprema.
Il 4 agosto 2023, agenti del Ministero dell’Intelligence hanno arrestato arbitrariamente Pakhshan Azizi dalla sua casa di famiglia a Teheran e l’hanno sottoposta a sparizione forzata, un crimine di diritto internazionale, rifiutandosi di rivelare la sua posizione alla famiglia. Gli agenti l’hanno trasferita nella sezione 209 della prigione di Evin di Teheran, sotto il controllo del Ministero dell’Intelligence, e l’hanno tenuta in isolamento prolungato per cinque mesi senza poter avere accesso a un avvocato e alla sua famiglia. Secondo fonti informate, durante questo periodo Pakhshan Azizi è stata sottoposta a torture e altri maltrattamenti durante gli interrogatori. Gli agenti le hanno ripetuto più volte che non aveva diritto di vivere e hanno minacciato di ucciderla. L’hanno anche sottoposta a violenze di genere per costringerla a fare “confessioni” forzate di legami con gruppi di opposizione curdi, cosa che lei ha ripetutamente negato. All’inizio di dicembre 2023 è stata trasferita nel reparto femminile della prigione di Evin.
Il processo di Pakhshan Azizi, svoltosi in due sessioni il 28 maggio e il 16 giugno 2024, è stato gravemente iniquo. Le sono stati negati tempo e strutture adeguate per preparare la sua difesa. Le sono state concesse solo alcune telefonate con gli avvocati di sua scelta circa tre settimane prima dell’inizio del processo e li ha incontrati per la prima volta durante il processo. La condanna del tribunale include tra le “prove” anche l’arresto di Pakhshan Azizi nel 2009 durante una protesta contro l’esecuzione di un curdo iraniano. Il verdetto afferma inoltre che la donna ha sostenuto le famiglie delle persone uccise illegalmente durante le proteste nazionali del 2022.
Esorto a fermare qualsiasi progetto di esecuzione di Pakhshan Azizi, ad annullare la sua condanna a morte e a scarcerarla immediatamente e senza condizioni poiché è detenuta solo per il suo pacifico lavoro umanitario e per il suo attivismo per i diritti umani. In attesa del la sua scarcerazione, deve ricevere un’assistenza sanitaria adeguata e visite regolari da parte di familiari e avvocati; deve essere protetta da ulteriori torture e altri maltrattamenti; è necessario ordinare un’indagine indipendente, efficace e imparziale sulle accuse di tortura, assicurando alla giustizia chiunque sia sospettato di responsabilità penale in processi equi. Inoltre, chiedo di istituire immediatamente una moratoria ufficiale sulle esecuzioni in vista dell’abolizione della pena di morte.
La ringrazio per l’attenzione.