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Il 20 dicembre la Corte interamericana dei diritti umani ha condannato El Salvador per aver impedito nel 2013 a Beatriz, una giovane donna, di interrompere la gravidanza nonostante questa compromettesse gravemente la sua salute e il feto non avesse alcuna possibilità di vita. In tal modo El Salvador ha violato i diritti di Beatriz alla salute, alla protezione giudiziaria, alla vita privata e all’integrità personale.
La Corte ha riconosciuto che la mancanza di protocolli adeguati per trattare le gravidanze ad alto rischio, in un contesto di divieto totale di aborto, ha impedito alle autorità di offrire cure mediche adeguate e tempestive a Beatriz, sottoponendola a violenza ostetrica. Pertanto ha ordinato a El Salvador di fornire alla donna tutte le cure mediche necessarie e di adottare tutte le misure necessarie affinché ciò non si ripeta. El Salvador deve conformarsi alla sentenza il prima possibile e riferire alla Corte sui suoi progressi entro un anno.
El Salvador è uno dei paesi con le leggi più restrittive in materia di aborto. Le donne sono infatti obbligate a portare a termine la gravidanza anche se rischiano gravi conseguenze, sia sul piano fisico che psicologico. Il divieto di interrompere la gravidanza si estende anche ai casi di bambine sopravvissute a violenza sessuale. In un rapporto del 2014, Amnesty International aveva messo in luce i casi di alcune donne, appartenenti alle fasce più povere della società, perseguite penalmente e condannate a lunghe pene detentive perché in seguito a un aborto spontaneo erano state ritenute colpevoli di omicidio.
Questa sentenza della Corte interamericana dei diritti dell’uomo è anche un campanello d’allarme per tutti gli stati che mantengono il divieto assoluto dell’aborto.